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Romice comune

Rumex obtusifolius

In sintesi

  • È la malerba più problematica e diffusa della nostra foraggicoltura. Nell’ambito della rotazione colturale, infesta sia i prati temporanei sia le colture erbacee da pieno campo, dove, tra l’altro, non è per nulla scontato riuscire a eliminarlo.
  • Foraggio di scarsa qualità e rifiutato dal bestiame al pascolo. Invasivo, è molto concorrenziale per spazio, luce, acqua ed elementi nutritivi.
  • Produce tantissimi semi, che restano vitali nel suolo per decenni. Possiede radici robuste e rizomi in grado di riprodursi vegetativamente.
  • Una volta insediatosi in un prato o in un pascolo è molto difficile debellarlo, tanto che, spesso, ci si deve accontentare di impedirne la propagazione e ridurne la presenza.
  • La strategia di lotta si basa sull’individuazione ed eliminazione delle cause dell’infestazione, a cui segue l’adozione costante di misure, indirette e dirette, di contenimento, riduzione ed eradicazione.

 

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In dettaglio

Morfologia e habitus

  • Raggiunge 50 – 120 cm d’altezza. Presenta svariati fusti eretti e ramificati nella loro parte superiore. Infiorescenze con ramificazioni semplici (≠ dal romice alpino) e rivolte verso l’alto. Fiori (quindi frutti e semi) sono disposti in verticilli, situati su tutte le ramificazioni dell’infiorescenza. Le foglie caulinari sono rare.
  • Foglie basali e caulinari inferiori lungamente picciolate, intere, glabre, con lamina lunga 20 – 30 cm e larga 10 – 15 cm, lanceolate, a base cuoriforme (≠ dal romice acetosa), con apice ottuso e margine leggermente ondulato.
  • Perianzio triquetro e dentato, provvisto di tubercolo chiaramente visibile (≠ dal romice alpino) e per lo più rosso porpora, quindi marrone.
  • Fiorisce dalla tarda primavera fino all’autunno.
  • Apparato radicale:
    • robusto, fittonante (≠ da romice alpino e poligono bistorta) e provvisto di 15 e più gemme dormienti, addossate le une alle altre, a pochi centimetri di profondità, ognuna delle quali in grado di sviluppare fusti e foglie,
    • solitamente biforcuto, può spingersi fino a 250 cm di profondità,
    • i rizomi portano gemme fertili fino a 12 cm di distanza dalla zona del colletto (basta anche un piccolo frammento di rizoma per originare una nuova pianta),
    • in grado di immagazzinare riserve nutritive per molto tempo, tanto da sopravvivere indenne anche a un decennio senza concimazione.

Longevità e sviluppo

  • Perenne
  • Sviluppo:
    • in primavera, si sviluppa una rosetta di foglie basali che consente a radici e rizoma d’immagazzinare sostanze di riserva,
    • una singola pianta produce fino a 60‘000 semi all’anno, capaci di germinare già una settimana dopo l’inizio della fioritura, ma solo in presenza di luce, quindi in superficie (pianta tappabuchi),
    • i semi restano vitali nel suolo anche per 50 anni, sopravvivono nei foraggi conservati, passano indenni attraverso l’apparato digerente del bestiame e vanno poi a finire nei concimi aziendali, che, se contaminati, sono un veicolo d’infestazione importante.

Esigenze pedoclimatiche e diffusione

  • Ampiamente diffuso dalle zone di pianura fino al piano subalpino, su stazioni da moderatamente siccitose a umide.
  • Presente, in particolare, in prati e pascoli permanenti con suoli compattati e cotiche erbose lacunose, a seguito di: uso improprio di trattori e macchinari, pascolo in condizioni umide, topi campagnoli, gelo e siccità.
  • Predilige superfici fortemente concimate (liquamazioni eccessive) e sfruttate in modo intensivo, quando non sovrasfruttate.
  • Lo si trova anche nei prati temporanei e nelle colture erbacee da pieno campo.

Gestione e modifica della cotica erbosa

  • Una volta insediatosi stabilmente in un prato o in un pascolo permanenti, il romice comune è quasi impossibile da eradicare, tanto che, spesso, ci si deve accontentare di impedirne la propagazione e ridurne la presenza.
  • Misure preventive (lotta indiretta):
    • falciare le piante prima che fioriscano, eliminandole correttamente e praticare gli sfalci di pulizia nei pascoli, per impedirne la disseminazione,
    • favorire l’insediamento di una cotica erbosa fitta e persistente, onde prevenire la germinazione dei semi di romice presenti nel suolo, seminando e/o traseminando miscele foraggere adatte alle condizioni pedoclimatiche locali, pascolando e transitando sui prati solo con suolo portante,
    • sfruttare e concimare prati e pascoli in modo equilibrato e conforme alle condizioni stazionali,
    • limitarne la diffusione di semi tramite paglia, foraggio e concimi aziendali infestati.
  • Misure curative (lotta diretta):
    • falciare le piante prima che fioriscano, eliminandole correttamente e praticare gli sfalci di pulizia nei pascoli, per impedirne la disseminazione,
    • estirpare le singole piante manualmente, tramite appositi attrezzi e con suolo umido, avendo cura di strappare il fittone fino a minimo 15 cm di profondità,
    • riseminare il prato o il pascolo solo dopo avere risanato meccanicamente il suolo,
    • eseguire un diserbo chimico localizzato pianta per pianta o di superficie, seguito da risemina o trasemina con miscele foraggere adatte alle condizioni stazionali,
    • nel caso dei prati temporanei, concentrare le misure di lotta, sia meccanica sia chimica, durante la coltivazione dei seminativi.
    • Per saperne di più
      ► Capitolo Malerbe, parassiti e malattie
      Scheda tecnica APF-AGRIDEA 6.4.1 Romice comune e romice alpino
      Scheda tecnica APF-AGRIDEA 6.1.1 Malerbe di prati e pascoli permanenti - Erbicidi raccomandati

Valore foraggero

  • Scadente. Benché le foglie siano ricche in proteine ed elementi minerali, contengono anche tannini, acido ossalico e altri acidi indesiderati, che le rendono leggermente tossiche. Se ingerito in grande quantità, può causare seri problemi digestivi al bestiame.
  • Essendo rifiutato dal bestiame, riduce sensibilmente la resa foraggera dei pascoli,
  • È soggetto a perdite meccaniche elevate durante la fienagione e presenta fusti grossolani e privi di valore foraggero.
  • È tra le principali specie invasive di prati e pascoli. Ciò è dovuto al suo enorme potenziale di propagazione (produzione impressionante di semi) e all’estrema concorrenzialità esercitata nei confronti delle altre foraggere (grande superficie fogliare, apparato radicale vigoroso, riproduzione vegetativa aggressiva), a cui sottrae spazio vitale, luce ed elementi nutritivi.
  • L’unico punto a suo favore è attribuibile alle capacità del suo apparato radicale di smuovere in profondità i suoli compattati.

Valore ecologico

  • Le foglie di romice sono una fonte alimentare per i bruchi di varie specie di lepidotteri e per le larve e gli adulti di alcuni coleotteri.
  • Le larve del coleottero curculionide Strophosoma melanogrammum e del lepidottero seside Pyropteron chrysidiformis si nutrono dell’apparato radicale, danneggiandole. Le larve del coleottero crisomelide Gastrophysa viridula si nutrono delle foglie e possono anche provocare defogliazioni totali, determinando un indebolimento della pianta.

Informazioni aggiuntive

Scheda tecnica APF-AGRIDEA 6.4.1 Romice comune e romice alpino